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Incontra gli allenatori: Daniele Zoratto

In vista della finale del Campionato Europeo Under 17 UEFA, UEFA.com ha incontrato i selezionatori di Italia e Russia per conoscere la loro filosofia e vita in panchina. Per primo tocca a Daniele Zoratto.

Daniele Zoratto
Daniele Zoratto ©Sportsfile

Daniele Zoratto ha guidato l'Italia alla prima finale del Campionato Europeo Under 17 UEFA, a un passo dall'ottenere i primi frutti di una rinnovata struttura tecnica impiantata dalla federazione italiana (FIGC). In vista della finale, il Ct ha incontrato UEFA.com spiegando il suo ruolo nel progetto, la sua filosofia, e i motivi per cui è il ruolo di allenatore è più difficile rispetto a quello di calciatore.

UEFA.com: Qual è la vostra filosofia calcistica?

Daniele Zoratto: E' una filosofia maturata nel tempo, in particolare negli ultimi anni. Abbiamo seguito un percorso tracciato dai nostri coordinatori tecnici inserendo le idee nostre. Ci sono state richieste alcune cose specifiche, concetti tattici precisi, quali essere corti, pressing, aggressività, intensità, passaggi rapidi e, sulla base di questi input, abbiamo allestito la nostra rosa attuale.

UEFA.com: Qual è il suo approccio nell'allenare i giovani?

Zoratto: Non è un modo diverso di allenare. Esiste un metodo. Ci si allena per raggiungere gli obiettivi citati sopra, concetti ben definiti e, attraverso allenamenti specifici, si cerca di ottenere quel tipo di calcio. Tutte le nostre rappresentative nazionali vanno nella stessa direzione. Naturalmente servono le individualità, la capacità del calciatore di segnare, ma il tutto avviene nel quadro di un tipo di gioco che vogliamo perseguire.

UEFA.com: Quale vantaggio procura un torneo come quello Under 17 a un giovane calciatore?

Zoratto: Vantaggi enormi. Per arrivare qui abbiamo partecipato a tornei che ci hanno dato la consapevolezza di potere fare grandi cose. Speravamo di arrivare qui. Partita dopo partita i calciatori hanno acquisito sicurezza in se stessi e comprovato che la metodologia funziona. Adesso i calciatori si fidano di noi ciecamente su quello che va fatto in campo perché i risultati ci hanno dato ragione.  

UEFA.com: E per l'allenatore? Cosa ha imparato da questi tornei?

Zoratto: Ho imparato che raggiungere la finale è molto, molto difficile perché ci sono squadre molto forti. Non esiste un solo avversario per cui è possibile dire 'oggi vinciamo facile'. Tutte le partite vanno giocate fino all'ultimo minuto, con cuore, sacrificio, capacità e voracità. In alcune di queste partite i ragazzi hanno dimostrato di essere uomini.

UEFA.com: Quanto è stato utile fare il calciatore per il suo ruolo attuale  di allenatore?

Zoratto: Avere giocato ti dà la sensibilità di capire i calciatori in certi momenti. Significa che il calciatore non può essere sempre la macchina che vorresti. Non si può chiedere sempre di pressare. Avendo giocato, so che durante la partita servono delle pause. Te le impone la forza dell'avversario o la stanchezza fisica. E quindi non sempre quello che si chiede può essere dato.

UEFA.com: Chi l'ha influenzata maggiormente come allenatore?

Zoratto: Attualmente, i nostri coordinatori tecnici Arrigo Sacchi e [Maurizio] Viscidi. Sono loro che ci danno gli input e ci indicano la strada da seguire. Inoltre, conosco Sacchi dal 1979 e so qual è il suo modo di pensare. E' lui la persona che ci ha preparato il terreno.  

Ci ha spiegato cos'è il calcio a livello di squadre nazionali. Personalmente lo avevo conosciuto da calciatore, ma non è la stessa cosa conoscerlo da allenatore. Ci ha spiegato con calma, nel tempo, in quanto questo è il terzo anno che lavoriamo insieme, dove bisogna migliorare, concetti che vanno nella direzione opposta alla filosofia del nostro campionato nazionale. E' un lavoro molto, molto stancante.

UEFA.com: Da ex calciatore della nazionale, è più stancante essere in campo per 90 minuti o nell'area tecnica?

Zoratto: E' decisamente più faticoso fare l'allenatore. Da calciatore badavo a me stesso. Nell'area tecnica, bisogna preoccuparsi di molte persone, dentro e fuori del campo. Tutti hanno qualcosa da dire e bisogna gestire tutto. Il calciatore indossa gli scarpini e va in campo. Ha compagni e avversari. E' molto più semplice.