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Jardim: dalla pallamano alla Champions League

Il tecnico del Monaco racconta la sua storia e la sua filosofia calcistica a UEFA.com: "I calciatori non possano allenarsi senza il pallone. È un po' come un pianista che non può esercitarsi senza il pianoforte".

A 42 anni, Leonardo Jardim ha già 20 anni di esperienza da allenatore
A 42 anni, Leonardo Jardim ha già 20 anni di esperienza da allenatore ©AFP/Getty Images

Leonardo Jardim è passato dallo Sporting CP al Monaco nel 2014, e nonostante abbia appena 42 anni, vanta già 20 anni di esperienza da allenatore.

Dopo aver condotto il Monaco ai quarti di finale di UEFA Champions League nel 2014/15, il tecnico nato a Barcelona (città di circa un milione di abitanti nel nord del Venezuela) da genitori portoghesi, è tornato nel più importante palcoscenico d'Europa.

Vincitore delle due competizioni nazionali con l'Olympiacos nel 2012/13 e famoso per la sua bravura con i giovani, Jardim ha parlato con Andy Brassel di UEFA.com della sua filosofia da allenatore, della sua carriera e delle sue esperienze sportive oltre al calcio maschile.

Gli inizi

Ho allenato a tutti i livelli. Ho cominciato con i bambini di 12 anni della mia città a Madeira. Dopo gli allenamenti li riaccompagnavo a casa in traghetto e quindi portavo sempre con me in macchina tutta l'attrezzatura per allenare.

Ho allenato anche una squadra di pallamano per un anno nello stesso periodo in cui facevo l'allenatore di calcio.

Sono stato l'allenatore di una squadra femminile - e le ragazze sono più difficili da allenare rispetto ai maschi. Tutte queste esperienze nelle serie minori mi hanno aiutato a capire meglio il calcio. Ho capito meglio anche la mia professione e queste esperienze mi hanno aiutato a saper prendere decisioni.

Sull'esperienza al Monaco

Ogni volta che cambiavo squadra cercavo di fare sempre un passo in avanti. Quando ho lasciato il Camacha per il Chaves sono salito di livello, quando sono passato al Beira-Mar ho cambiato divisione raggiungendo in seguito la massima serie. Poi quando ho lasciato il Braga, ci siamo qualificati per la Champions League, e io sono andato all'Olympiacos.

All'Olympiacos ho fatto il mio esordio in Champions League. Abbiamo giocato la fase a gironi ed è stato molto positivo per me. Ricordo quando abbiamo giocato la prima volta contro l'Arsenal. Quell'esperienza è stata molto importante per me.

Da lì sono tornato allo Sporting e per una stagione non abbiamo giocato in UEFA Champions League perché lo Sporting l'anno prima aveva disputato una pessima stagione e non si era qualificato. Abbiamo poi chiuso la stagione con la qualificazione, ma poi sono passato al Monaco che era tornato nella fase a gironi di Champions League.

Quella è stata la mia seconda volta nella fase a gironi, e quella volta mi sono spinto più in là perché abbiamo raggiunto i quarti di finale. È stato meraviglioso giocare in stadi come quello di Torino, o in Inghilterra contro l'Arsenal - stadi pieni con un'atmosfera incredibilmente positiva.

Sul lavoro con i giovani

Nelle mie ultime esperienze ho lavorato molto con i giovani e li ho aiutati nella crescita. Allo Sporting e al Monaco il lavoro è stato più evidente, ma anche all'Olympiacos ho lavorato alla stessa maniera.

Quando sono andato all'Olympiacos avevo tutti giocatori greci e giovani. [Kostas] Manolas ad esempio, che oggi è alla Roma, è un prodotto del nostro lavoro.

Allo Sporting è successa la stessa cosa – avevamo un progetto basato sui giovani. Molti di loro venivano ceduti in prestito e oggi vedo con piacere che Cédric, [Islam] Slimani, Eric Dier sono in Inghilterra, e che William Carvalho, Adrien [Silva], Rui Patrício sono nel Portogallo e campioni d'Europa.

Crescere i giovani mi rende felice e mi coinvolge molto. È una gioia vederli raggiungere i massimi livelli e, ovviamente, vincere. Un allenatore vive per vincere.

Chiaramente giocare in Champions League è un'esperienza molto importante per i giovani. L'abbiamo in parte visto a Wembley contro il Tottenham. Abbiamo visto una squadra ben alleanata ma con giocatori giovani come [Thomas] Lemar e Bernardo Silva.

Ai tempi dello Sporting CP
Ai tempi dello Sporting CP©AFP/Getty Images

Abitudini d'allenamento

Innanzitutto credo nell'allenamento integrato - l'allenamento nel calcio deve essere fatto sempre con la palla, anche le sessioni su tecnica e tattica. Io credo che i calciatori non possano e non debbano allenarsi senza il pallone. È un po' come un pianista a cui non puoi chiedere di esercitarsi senza il pianoforte. Lui suona e basta, e lo stesso accade per i calciatori.

Io credo in un approccio olistico, in un metodo ambientale in cui il nostro ambiente è il campo da calcio.

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