Xavi saluta il Barça elogiando Messi e Iniesta
mercoledì 10 giugno 2015
Intro articolo
Dopo aver conquistato il secondo triplete nella storia del Barcellona, Xavi Hernández elogia attraverso UEFA.com "il più talentuoso giocatore spagnolo di tutti i tempi" e il "fenomeno" Lionel Messi.
Contenuti top media
Corpo articolo
Xavi Hernández ha salutato sabato l'FC Barcelona vincendo il 25esimo trofeo della sua prestigiosa carriera in blaugrana. La vittoria dei catalani contro la Juventus a Berlino ha permesso al centrocampista spagnolo di realizzare il secondo storico triplete nella giornata della sua 151esima presenza in UEFA Champions League - nessuno come lui nella storia della competizione.
In questa intervista esclusiva rilasciata a UEFA.com prima della finale dell'Olympiastadion, il 35enne – che si trasferirà al Qatari club al-Sadd SC – racconta dei suoi inizi col Barça a 11 anni, del tridente delle meraviglie, e del suo compagno di reparto definito "il più talentuoso giocatore spagnolo di tutti i tempi".
Sul trasferimento al Barcelona a 11 anni...
Tutto per me era nuovo. Provenivo da una normale scuola calcio di Terrassa, lì dovevi prepararti il borsone, i vestiti, l'asciugamano e le ciabatte – tutto il necessario per la doccia. È stato un enorme cambiamento passare al Barcelona. Era come una grande casa. Tutto era grande: i servizi, gli spogliatoi, le docce. C'erano quattro-cinque persone che si assicuravano non ci mancasse niente. Avevamo tutto quello che ci serviva.
Era come vivere in un sogno. Immaginate di trovarvi nella miglior casa del mondo. Oltre a tutto ciò, ero un tifoso del Barça, quindi mi sentivo la persona più felice del mondo a indossare quella maglia. Già il solo fatto di avere il badge, o indossare i pantaloni della tuta del Barça, era qualcosa di straordinario per me. Sono un privilegiato.
Sull'Accademia e sull'apprendimento dello stile di gioco del Barcelona…
Sono arrivato nel '91. Quel Barcelona aveva già vinto il campionato e gli era stato affibiato il soprannome di 'Dream Team'. Guillermo Amor proveniva da La Masia. Lui era il punto di riferimento perché proveniva dal settore giovanile e si era affermato in prima squadra. A lui possiamo aggiungere Guardiola, Chapi Ferrer, Sergi Barjuan e i tre baschi [Bakero, Beguiristain, Zubizarreta]. Erano tutti esempi da seguire.
Anche gli allenatori lo erano. In quel periodo ci dicevano sempre: "Osservate il 'Dream Team', guardate come giocano. Noi giocheremo come loro, con il 3-4-3 votato al possesso palla". La filosofia era di affrontare tutte le squadre allo stesso modo. Ognuno di noi aveva un numero che rappresentava uno della prima squadra. Se quel numero era il quattro, allora eri Guardiola. Il mio punto di riferimento era Guardiola. Prima di lui invece Milla e Amor.
Sulle 151 presenze in UEFA Champions League…
Non ci pensi, vuoi solo vincere e fare bene. Poi realizzi quanto di straordinario hai fatto. Abbiamo scritto la storia. Questa squadra ha fatto la storia. Non solo il Barcellona, ma anche la nazionale. Complessivamente abbiamo vinto tutto. Ci siamo divertiti e abbiamo giocato a calcio nel modo in cui ci è stato insegnato crescendo. Quello che abbiamo imparato a casa, siamo riusciti a trasmetterlo in campo con le maglie di Barcellona e Spagna. È stato meraviglioso. In campo mi sono divertito in una maniera indescrivibile. È stata una gioia giocare le finali degli Europei, di Champions League e della Coppa del Mondo.
Sul cambiamento del Barcelona con Luis Enrique…
Luis Enrique vuole giocare nello stesso stile che il Barcelona ha sempre avuto, o almeno che ha da 30 anni. Questa è la sua idea: dominare le partite, mettere sotto pressione gli avversari, avere più possesso possibile, giocare in maniera offensiva, giocare bene, e muoversi molto a palla lontana. La sua priorità a centrocampo è quella di creare pericoli in avanti. Niente è cambiato se non i tre lì davanti.
Prima avevamo giocatori funzionali al gioco e al possesso ma che probabilmente non erano eccezionali nel saltare l'uomo. Forse l'unico così era Messi. Adesso ne abbiamo tre. Ci sono Neymar e [Luis] Suárez come Messi. Quando la palla arriva in avanti, si crea subito un pericolo per la porta avversaria. Non abbiamo bisogno di fare girare la palla molto per trovare Messi, perché adesso possiamo contare su Luis Suárez o Neymar per saltare l'uomo. In questa maniera possiamo trasformare la difesa in attacco in qualsiasi momento.
Su Lionel Messi…
È il più piccolo ma è il migliore in tutto, anche nel gioco aereo. Messi è un fenomeno. Non credo di dire nulla di nuovo. Ciò che Leo ha fatto e continua a fare è incredibile. È il migliore anche nella fase difensiva. Quando mette sotto pressione i difensori, riesce spesso a conquistare la palla. È semplicemente il migliore qualsiasi cosa faccia.
Quando ha la palla sai che qualcosa accadrà. Avere Messi in squadra significa che lo devi cercare sempre. Quando hai Messi vicino, ma c'è anche un altro passaggio possibile, la palla deve andare a Leo. Sai che da quel passaggio a lui nascerà un pericolo per la difesa avversaria.
Gli avversari se lo aspettano. È il miglior giocatore della storia senza alun dubbio, e lo ha dimostrato negli ultimi otto o dieci anni. Ha avuto alcuni alti e bassi, come nella passata stagione, ma è normale, anche lui è un umano.
Sul compagno di vecchio corso e di reparto Andrés Iniesta…
È fantastico, è il più talentuoso calciatore spagnolo di tutti i tempi. È un calciatore incredibile e una persona meravigliosa con un cuore enorme. È straordinario in tutto, basta vedere come tratta le persone. Lui è un esempio nello spogliatoio e in campo. È un leader naturale. Quando gioca vuole sempre il pallone, non si nasconde mai, e non è una dote che hanno tutti i calciatori. Fa la differenza in tutte le zone del campo, è straordinario. Per me è stato un piacere aver giocato così tanti anni al suo fianco.