Il potere dei giocatori
martedì 19 ottobre 2004
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L'editorialista di Champions Paul Simpson sostiene che il "potere dei giocatori" non è un fenomeno recente.
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di Paul Simpson
Non importa come il Real Madrid CF giocherà contro l’FC Dynamo Kyiv questa settimana, dovremo tutti rinchiuderci in una cella all’interno di una torre in un monastero trappista per riuscire a non sentire in continuazione “potere dei giocatori”, “potere dei giocatori”, “potere dei giocatori”… Commentatori ed esperti usano queste tre parole con un significato negativo, intendendo dire, come i tifosi già peraltro sospettano, che i giocatori non sanno più stare al posto che compete loro.
Allenatori in campo
Ma non si tratta di una novità: Helenio Herrera, il tecnico che ha perfezionato il catenaccio e ha portato l’FC Internazionale Milano sul tetto più alto d’Europa per due volte, ha dichiarato che già negli anni ‘60 “erano i giocatori a guidare le squadre”.
Formazioni eccellenti
E a ben vedere il Real che vinse la Coppa dei Campioni per 5 anni consecutivi e il Brasile che si aggiudicò definitivamente la Coppa Rimet nel 1970, cioè due delle più straordinarie squadre che si siano mai esibite su un campo da calcio, erano in effetti spinti dal “potere dei giocatori”.
La girandola dei tecnici
La squadra che monopolizzò la Coppa dei Campioni fino al 1960 venne guidata in quel periodo da ben tre allenatori, e solo Miguel Muñoz, che però aveva alzato il trofeo al cielo per due volte con la fascia di capitano dei bianchi al braccio, riuscì a resistere per un certo tempo. Il tecnico argentino Luis Antonio Caniglia, invece, non vedeva di buon occhio alcune delle stelle che componevano quella fantastica formazione e a causa di questi dissapori interni, pur avendo vinto due delle cinque coppe, pagò di persona con l’esonero.
Pelé non si tocca
Il Brasile il Ct lo cambiò nel corso della marcia di avvicinamento ai Mondiali messicani del 1970 quando João Saldanha commise il peccato mortale di dichiarare alla stampa che stava pensando di lasciare Pelé fuori squadra.
Differenze importanti
Ora che il “potere dei giocatori” si fa di nuovo sentire, è però necessario chiarire un po’ la situazione. Nessuno si lamenta a priori di una squadra guidata dai giocatori, a patto che abbia successo: se le merengues di adesso sciorinassero un gioco paragonabile a quello dell’undici di Alberto Di Stefano e Ferenc Puskás o del Brasile 1970 e conseguissero risultati prestigiosi, solo i più accaniti sostenitori della necessità di una disciplina interna avrebbero a che ridire. I guai, purtroppo per i madridisti, iniziano quando questo potere non è giustificato dal rendimento in campo.
Industria controcorrente
Eppure, per quanto possa sembrare controcorrente, è troppo semplice dare la colpa ai giocatori. Il calcio, dopotutto, è l’unica industria mondiale in cui anche solo pensare di consultare i superiori per questioni tecniche è considerata dai mezzi di comunicazione e dai tifosi una vera e propria bestemmia. Nessuno sostiene che sono i giocatori a dover fare la formazione o a dover dire all’allenatore quale sia la posizione migliore per loro, eppure molti tecnici di successo affermano che raramente hanno la possibilità di fare le scarpe a qualche giocatore, mentre il contrario può succedere più frequentemente.
Stelle gemelle
Mercoledì a San Siro sarà invece di scena il tipo di “potere dei giocatori” che tutti i tifosi e gli esperti sognano di vedere all’opera: si troveranno infatti di fronte Deco e Andriy Shevchenko, due dei contendenti al titolo di FIFA World Player of the Year. Shevchenko pare essere il favorito al titolo, tanto che anche Deco e José Mourinho lo hanno elogiato pubblicamente. L’ucraino è il terzo miglior realizzatore di sempre in Champions League ed è forse il miglior giocatore a non aver mai giocato una fase finale della Coppa del Mondo dai tempi del grande George Best del Manchester United FC.
L’imbarazzo della scelta
Deco, miglior giocatore della scorsa Champions League, fa parte di un cast di stelle che ha iniziato la stagione nel migliore dei modi, portando l’FC Barcelona in testa alla classifica della Primera División. Deco, Ronaldinho, Ludovic Giuly, Henrik Larsson, Samuel Eto'o… non c’è che l’imbarazzo della scelta! I catalani sono troppo orgogliosi per prendere in prestito un soprannome dagli acerrimi rivali madrileni, ma con una simile formazione potrebbero veramente essere i… nuovi “Gálacticos”!
Paul Simpson è l’editor di Champions, la rivista ufficiale della UEFA Champions League. Clicca per abbonarti.