Albertini: Croazia "crocevia", concentrazione e umiltà
mercoledì 13 giugno 2012
Intro articolo
L'ex centrocampista dell'Italia, oggi vice presidente della FIGC, promuove gli Azzurri dopo la prestazione contro la Spagna ma mette nel mirino i prossimi avversari: "Vogliamo non solo fare una buona partita, ma vincerla...".
Contenuti top media
Corpo articolo
Nel suo esordio a UEFA EURO 2012 contro la Spagna campione in carica, l’Italia è riuscita a giocare “a viso aperto”. Il pareggio contro le Furie Rosse ha portato soddisfazione e fiducia all’ambiente Azzurro, ma Demetrio Albertini – come Cesare Prandelli – ha già messo la Croazia nel mirino: per l’ex centrocampista della nazionale, oggi vice presidente della FIGC, la sfida di giovedì a Poznan rappresenta “il crocevia” per la qualificazione ai quarti.
“Pensiamo che la Croazia – lo pensavamo prima e ne siamo convinti adesso dopo i risultati della prima giornata – sia il crocevia della qualificazione”, spiega Albertini a UEFA.com, “Se sulla carta si può dire che è il terzo incomodo, è altrettanto vero che ha dimostrato tutto il suo valore vincendo 3-1 contro l’Irlanda. La partita più difficile è sempre quella che viene, non dobbiamo pensare a quella che è passata ma solo concentrarci con umiltà”.
Anche perché l’Italia è di fronte a un paradosso: ha sì superato lo scoglio più difficile, ma rischierebbe grosso se non vincesse. “Qualche volta avrei voluto fare l’opinionista, era la cosa più semplice: a parole siamo bravi tutti, o almeno vediamo le problematiche successive”, scherza l’ex centrocampista dell’AC Milan, “Credo che invece decidere di poterle affrontare e superarle sia la cosa più difficile. Quando fai il calciatore o lo sportivo hai l’opportunità di eliminare le cose belle o brutte che sono passate e pensare a quelle che vengono dopo”.
I precedenti con la Croazia sono un avvertimento da tenere ben presente: l’Italia non è mai riuscita a vincere… “Credo che anche la Spagna non avesse una tradizione positiva contro di noi…”, ricorda Albertini, “C’è un detto spagnolo che recita ‘abbiamo giocato come mai, abbiamo vinto come sempre’. Le tradizioni si possono cambiare, altrimenti non saremmo qui a giocarci un Europeo. Vogliamo cambiare questa tradizione e vincere contro la Croazia: sappiamo che dobbiamo faticare, ma ci stiamo preparando per poter riuscire non solo a fare una buona partita ma a vincerla…”.
Un’esperienza al Club Atlético de Madrid, una al FC Barcelona: il vice presidente della FIGC conosce molto bene la realtà spagnola ed è rimasto sorpreso come tutti nel vedere Vicente del Bosque schierare una formazione senza attaccanti di ruolo. “Mi ha messo in difficoltà, con il pensiero da tifoso e non da tecnico – ammette – Ho chiesto conferme al mister e ha avuto le stesse sensazioni. Per me sarebbe stato più semplice avere una punta di riferimento, con i tre difensori che potevano attaccarla. Non avendone, poteva diventare un problema e invece siamo stati molto bravi ad aspettarli e a tener palla nel modo giusto. Loro volevano fare superiorità numerica a centrocampo, noi non volevamo averla in difesa…Daniele [De Rossi], che da grande giocatore qual è ha interpretato nel miglior modo possibile il ruolo di centrale, è stato molto bravo ad aiutare il centrocampo, non solo a fare reparto difensivo”.
Ma come ha fatto il vice capitano dell’AS Roma ad adattarsi così bene? “Questa è la mentalità italiana”, rivendica Albertini, “Di solito è più facile che noi portiamo a fare un difensore un centrocampista che viceversa…Ma basta vedere il Barcellona con [Javier] Mascherano, o Ronald Koeman o altri giocatori come [Bernd] Schuster…E’ la mentalità di una squadra che privilegia il giocare, anche la prima caratteristica della nostra squadra con mister Prandelli è questa. Far partire l’azione dalla difesa è molto importante. Un giudizio su [Andrea] Pirlo? Credo ormai si siano spese troppe parole per una cosa davvero semplice: è uno dei più forti giocatori della storia italiana e penso anche mondiale”.
Proprio contro la Spagna l’Italia ha mostrato il suo nuovo volto: ha sofferto, ma sempre cercando di giocare. “Questa è una nazionale che in due anni ha costruito qualcosa. Costruire lo stile è difficile, ma ha valorizzato le qualità dei singoli in un sistema di gioco che Prandelli ha collaudato”, conclude Albertini, “Ci siamo trovati che negli ultimi sei mesi abbiamo giocato solo tre partite, quindi era difficile portare avanti quel tipo di lavoro. Il Ct è stato molto bravo a capire, a fare di necessità virtù. A dare la consapevolezza ai ragazzi che non è il modulo che può cambiare l’andamento di una squadra, ma l’interpretazione dei giocatori”.