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Pep Guardiola sulla finale e i suoi principi guida

"Il calcio non è fatto solo di tattica, ma anche di emozioni e rapporti personali", commenta il tecnico del Manchester City a UEFA.com.

Pep Guardiola ad Oporto
Pep Guardiola ad Oporto UEFA via Getty Images

Josep Guardiola ha vinto tre delle quattro finali di UEFA Champions League da allenatore e da giocatore. Mentre il suo Manchester City si prepara ad affrontare il Chelsea, vuole consolidare il suo posto nella storia del calcio diventando uno dei pochissimi allenatori che hanno alzato la coppa più prestigiosa d'Europa con due squadre diverse.

In vista della finale a Oporto, il tecnico (50 anni) spiega a UEFA.com come è riuscito a portare il suo caratteristico stile di gioco in Inghilterra e parla del Barcellona, che continua a influenzare i suoi principi.

A Pep Guardiola e Thomas Tuchel piace parlare di calcio
A Pep Guardiola e Thomas Tuchel piace parlare di calcioChelsea FC via Getty Images

L'amicizia con Thomas Tuchel

Nel calcio, una delle cose più belle è parlarne. Prima si guarda, poi ci si allena e dopo si parla. Direi che ho imparato molto da Thomas. Ho imparato molto guardando le sue squadre e parlando con lui. Non importa se ha tante informazioni su di noi o su di me, perché alla fine, e per fortuna, lui non può giocare e neanch'io. Chi deciderà la finale saranno i giocatori. Lo rispetto molto e penso che sia un allenatore straordinario. Ovviamente voglio batterlo, come lui vuole battere me.

I suoi principi guida al City

"Organizzazione, investimenti, giocatori di qualità, bravi tifosi, un ottimo staff e una squadra con sani principi: sono questi i più importanti. Ma devi sempre tenere d'occhio i giocatori che hai, perché se non si adattano al tuo modo di giocare è più difficile".

"Alcune cose arrivano da dove sono nato, ovvero il Barcellona. Voglio sempre rimanere nel vivo del gioco, nella metà campo degli avversari, e provare a vincere la partita. Non ci sono altri segreti. Tutto sta nella qualità dei giocatori, nel capire le loro capacità e nel creare un bell'ambiente, perché il calcio non è solo tattica. Ci sono emozioni e rapporti personali, anche con chi lavora dietro le quinte. È la cosa più importante per far durare a lungo una squadra, come succede qui da cinque anni".

I traguardi con il City

"I titoli sono la conseguenza di tante cose. La più importante è che sono sempre uno spettatore, non solo un allenatore. Quando sono in panchina, voglio vedere la squadra giocare come mi piace. Tempo fa, la gente diceva 'Non è possibile giocare così in questo paese', e invece l'abbiamo fatto".

Il gol della vittoria di Foden

Abbiamo vinto molte Premier League e ora siamo in finale. Speriamo di non vacillare e di fare bene. Non credo che siamo tanto più forti di un anno fa, quando non ci siamo arrivati. Forse quest'anno avevamo più voglia e abbiamo pensato 'OK, proviamoci ancora'; alla fine la moneta è caduta dal lato giusto".

Phil Foden

"È il classico giocatore che più è sotto pressione, più rende. Avere 20 anni è diverso da averne 28, ma ora la sua priorità nella vita è una sola: giocare a calcio. Del resto non gli importa. Dimentica subito gli errori. Può sbagliare dieci volte, ma l'undicesima gli riesce bene. Ecco perché a questa età può giocare in questa squadra".

La vittoria del Barcellona contro il Manchester United nella finale 2011

"Siamo arrivati alla finale di Wembley e ci siamo detti 'Vinceremo'. Per come abbiamo giocato nel primo tempo e nei primi 20 minuti del secondo, non potevamo fare di meglio. È lì che ho pensato che il mio periodo al Barcellona fosse finito".

"Non è possibile pensarlo al Manchester City, perché è la prima volta. Non siamo nell'élite d'Europa. Non siamo in una situazione rilassata né calma, ma dobbiamo giocare sotto pressione; dobbiamo abituarci a giocare così, ma sono abbastanza sicuro che ce la faremo".

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