Il miracolo di Istanbul: la storia della vittoria del Liverpool nel 2005
martedì 26 maggio 2020
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Sono passati 15 anni dal giorno dell'incredibile rimonta del Liverpool nella finale di UEFA Champions League del 2005. Alcuni campioni di quella serata ci raccontano quel giorno...
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UEFA.com riporta le lancette indietro nel tempo sino alla indimenticabile vittoria del Liverpool sull'AC Milan nella finale di UEFA Champions League del 25 maggio 2005, con i racconti in prima persona di quattro dei principali protagonisti dei Reds a Istanbul.
Verso la finale
Jerzy Dudek, portiere Liverpool
Ricordo che siamo andati in Spagna per una settimana per prepararci, per avere lo stesso tipo di umidità, la stessa temperatura. Abbiamo lavorato lì per una settimana ed è stato speciale. Sapevamo fosse speciale. Ricordo che Rafa ci diceva sempre: "Sentite ragazzi, sappiamo che ci sono degli osservatori del Milan che guardano come ci alleniamo. La loro forma fisica non è al massimo, hanno [avuto] qualche problema con la loro tenuta atletica".
Dietmar Hamann, centrocampista Liverpool
Senza ombra di dubbio [il Milan era la squadra migliore]. Chiunque abbia dubbi deve andare da un dottore. Penso che si possa affermare che fosse la migliore squadra degli ultimi tre o quattro decenni. Uomo per uomo sì, era la formazione migliore [...] ma questo non significa che fosse la squadra migliore.
Di una cosa eravamo certi: avevamo un grande spirito di squadra, avevamo un grande affiatamento, e sapevamo che quando le cose andavano male, potevamo contare su noi stessi, e ci fidavamo l'uno dell'altro. Dopo aver battuto due ottime squadre nei quarti [Juventus] e in semifinale [Chelsea], eravamo fiduciosi di potercela giocare col Milan, o addirittura batterli.
Negli spogliatoi
Luis García, attaccante Liverpool
I calciatori in genere hanno una propria routine. La mia consisteva nel concentrarmi sul mio avversario e su cosa potevo fare per batterlo. In genere entravo nello spogliatoio, mi vestivo velocemente, prendevo una palla e iniziavo a giocarci. La muovevo, la toccavo, prendevo confidenza, e questo mi aiutava a scaricare tutta la tensione e lo stress che si generano in quell'ora e mezza o 24 ore prima di queste grandi partite.
Dietmar Hamann
Sentire gli 11 giocatori letti da Rafa è stato un po' un colpo. Prima delle partite capisci o hai la sensazione di giocare o meno. Io ero abbastanza sicuro che avrei giocato quindi, naturalmente, ero deluso [di essere stato lasciato in panchina].
Harry [Kewell] era un giocatore eccezionale [...], probabilmente uno dei cinque o sei migliori calciatori con cui abbia mai giocato. Era in grado di fare una finta con la spalla e superare gli avversari. Aveva saltato gran parte della stagione ma il mister aveva scelto lui e dovevo accettarlo perché alla fine questo è uno sport di squadra. Non si vincono le partite da soli.
Dopo qualche minuto [di delusione] è molto importante essere nello stato d'animo giusto, perché potrebbe esserci un infortunio nel riscaldamento, un infortunio nel primo tempo come è successo [Kewell al 23° minuto], e bisogna farsi trovare mentalmente pronti per aiutare la squadra.
L'inno della Champions League
Luis García
Quando la telecamera ha iniziato a muoversi durante l'inno e a mostrare le squadre allineate, riesci a capire la tensione dei giocatori in quel momento. Io invece stavo ridendo ma non cercavo di essere arrogante o chissà che. Mi stavo solo godendo il momento e quindi ho sorriso. Naturalmente quando dopo vai in campo, sei concentrato e attento.
Il primo tempo
Dietmar Hamann
Il primo gol viene segnato dopo un minuto. Io però ho pensato: 'È meglio subirlo al primo minuto che all'89'. Adesso c'è ancora molto tempo'. Poco dopo la mezz'ora, Luis García prova a superare [Alessandro] Nesta in area che da terra la tocca di mano ma l'arbitro non assegna il rigore. Nel ribaltamento di fronte, segnano il 2-0.
Il Milan va sul 3-0 con uno splendido passaggio di Kaká capitalizzato magistralmente da [Hernán] Crespo. Un gol bellissimo. In quel terzo gol hanno mostrato tutta la loro classe. È stato bello da vedere e ho pure pensato 'Wow, se veniamo battuti da loro, pazienza'.
Fine primo tempo: Milan 3-0 Liverpool
Jerzy Dudek
Eravamo sotto shock. Andiamo negli spogliatoi. Alcuni erano arrabbiati, altri tristi. Il vice [di Rafael Benítez], Alex Miller, ci dice, "Dimenticate il primo tempo. Innanzitutto dovete segnare un gol il prima possibile, poi il secondo quando iniziano a entrare nel panico e subito dopo il terzo perché siete inglesi, siete il Liverpool e giocate sempre fino alla fine".
Abbiamo fatto un cerchio e Steven Gerrard ci ha detto, "Ascoltate ragazzi. Avete sentito? Loro credono ancora in noi. Dobbiamo dare loro qualcosa in cambio". Non pensavamo di segnare tre gol ma volevamo fare vedere chi eravamo. Volevamo fare almeno un gol per i nostri tifosi.
Dietmar Hamann
Mi sentivo svuotato come mai capitato in carriera e non vedevo come tornare in partita. Il mister ci dice che avremmo fatto un cambio e così vengo gettato nella mischia per dare a Steven Gerrard la libertà di spingersi in avanti perché lui era il nostro uomo più pericoloso.
Ogni volta che le partite diventavano tirate e si doveva lottare, non c'era squadra migliore della nostra. Ho pensato tra me e me: 'Se riusciamo ad andare sul 3-2, vediamo come reagiscono'. Sì, è una squadra di livello mondiale, ma a volte anche le migliori squadre sotto pressione commettono errori. Così dall'ingresso negli spogliatoi all'uscita dal tunnel, la mia mentalità era completamente cambiata. Non pensavo che avremmo vinto ma speravo, credevo, che almeno saremmo tornati in partita.
Il secondo tempo
Jerzy Dudek
La ripresa è stata magica. Abbiamo sentito 1.000, 10.000, 30.000, 40.000 tifosi alzarsi in piedi e cantare 'You'll Never Walk Alone'. L'ingresso di [Dietmar] Hamann penso sia stata la chiave perché lui era un giocatore fondamentale per impedire che passassero dal centro, e in più teneva il pallone, cosa molto importante.
Dietmar Hamann
Al mio ingresso non mi aspettavo che potessimo segnare tre gol in 15 o 16 minuti. Quando Xabi Alonso ha ribattuto in rete [il gol del 3-3], penso fosse il minuto 59:04. Andando avanti a volte devi guardare l'orologio perché naturalmente puoi prendere decisioni diverse in base all'orario di gioco. Quando mi sono girato, mi aspettavo fosse il 76' o 77'.
Segnare quei gol nel secondo tempo ci è costata energia emotiva. I tifosi sono tornati a ruggire, noi siamo tornati in partita, è cambiato l'umore e l'intera atmosfera dello stadio.
Rafael Benítez, allenatore Liverpool
Dico sempre che [Carlo] Ancelotti ha fatto bene a mettere dentro Serginho [all'86'] perché ha aumentato il peso offensivo [del Milan]. Noi però abbiamo reagito correttamente mettendo sulla corsia esterna [a destra] Steven perché era in grado di fermarlo ma anche di attaccare.
I supplementari
Dietmar Hamann
Abbiamo dovuto cambiare il nostro piano di gioco dopo aver fatto il 3-3 e poi essere andati ai tempi supplementari. Non si è mai al top per 90 minuti. Si va per fasi. Si parla di gestione del gioco, di intelligenza di gioco. Credo che in quella squadra ci fossero alcuni giocatori che ne avevano in abbondanza. Jamie Carragher era uno di loro. Era un brillante lettore del gioco e noi sapevamo bene, senza che il manager dovesse dire nulla, cosa dovevamo fare in quel momento.
Jerzy Dudek
Qualcuno lancia il pallone in area e vedo due-tre giocatori avversari. Uno di loro è Jon Dahl Tomasson, l'altro è Sheva [Andriy Shevchenko]. Urlo a Sami [Hyypiä] che ha uomo dietro, mi giro e mi arriva un potente tiro di testa. Riesco a togliere il pallone dalla linea di porta con una parata d'istinto e poi con un balzo mi rimetto in traiettoria pensando 'adesso arriva la ribattuta [di Andriy Shevchenko]'.
In quel momento devi metterti davanti la linea di porta e farti più grande possibile perché hai pochi attimi a disposizione. Sheva ci ha messo tutta la potenza probabilmente, e per questo mi ha dato la possibilità di prenderla. È stata un po' intuizione, [...] un po' fortuna, un po' allenamento.
Dietmar Hamann
Da loro erano entrati in campo alcuni grandi calciatori come Rui Costa, Jon Dahl Tomasson e Serginho. Noi dovevamo solo difenderci perché molti giocatori erano esausti ai supplementari. Carragher era caduto numerose volte in preda ai crampi così come Stevie. Dovevamo solo resistere in qualche modo e andare ai rigori.
I rigori
Rafael Benítez
Andare ai rigori è stato il risultato di fortuna e duro lavoro. Dei cinque rigoristi del Milan, noi ne conoscevamo molto bene quattro e sapevamo dove calciavano in genere. Prendevamo informazioni e statistiche su di loro già da un po' di tempo. Anche in questo caso è stato frutto del nostro lavoro metodico.
Luis García
Ho chiesto a Rafa Benítez di lasciarmi calciare il rigore e mi ha detto di no. Sono rimasto sorpreso perché quando ero con lui al Tenerife, ero il rigorista designato. Così gliel'ho chiesto una seconda volta e mi ha risposto: 'No, perché sei stanco e hai i crampi, e preferisco un altro giocatore'. Ma dato che ha visto il mio forte interesse mi ha detto 'OK, tirerai il sesto'. Non sapremo mai se il mio rigore sarebbe entrato o meno.
Dietmar Hamann
All'inizio dei calci di rigore mi sono detto: 'Se non li battiamo adesso, non li batteremo mai'. Il mio primo rigore è stato più semplice perché prima di me Serginho aveva sbagliato il suo. Allo stesso tempo però era un momento molto importante perché avevamo l'occasione di andare in vantaggio per la prima volta nella partita. Avevo un lato preferito e ho pensato 'se Dida non si muove in anticipo come fanno alcuni portieri, tirerò lì'. Probabilmente non avrei potuto colpirla meglio e la palla è andata esattamente dove volevo che andasse. È stato un grande sollievo quando è entrata.
Jerzy Dudek
Quando siamo andati ai rigori mi sono diretto dal preparatore dei portieri [José] Ochotorena. Prima di quella partita avevo visto qualcosa come 100 rigori [del Milan]; dall'ultima finale dei Rossoneri [2003] in poi. Così ho detto: 'Ocho, quando ti guardo, tu alza il braccio sinistro o destro e io provocandoli li sfiderò a tirare nel loro lato preferito'.
All'improvviso, Carra [Jamie Carragher] mi salta sulla schiena, [...] spronandomi: "Jerzy, dai Jerzy! Devi fare pressione su di loro! Più pressione! Dai [...] fai qualcosa! Ricordati di Bruce, ricordati di Bruce Grobbelaar". Non volevo farli ridere, volevo solo mettere più pressione sui giocatori.
Al primo rigore mi sono mosso sulla linea. Un po' a sinistra poi a destra, muovendo le mani come semafori, e lui ha calciato alto. Nel rigore successivo ho mosso le gambe facendo gli 'spaghetti legs' come Bruce nella finale [di Coppa dei Campioni] del 1984. Quando l'ho parata sapevo di essere uscito dalla linea. Ho guardato l'arbitro ma mi sono detto 'se lo guardi negli occhi [l'arbitro], lo annullerà'. Così mi sono voltato verso i tifosi e ho esultato. Tutto è andato bene.
I festeggiamenti
Rafael Benítez
Se la coppa è pesante? Non te ne accorgi nemmeno. Anche se pesasse cento chili, la prenderesti comunque. Una volta raggiunta quell'euforia, [...] quella soddisfazione e quella felicità, ti godi il momento e vedi tutto intorno a te, compresa quella marea rossa in estasi.
Nel palco vengono sparati i coriandoli e inizia la festa. Mentre proseguivano i festeggiamenti c'era un amico fuori al quale non avevano permesso di entrare. Così mi chiamano dicendo 'Ehi, c'è un tuo amico fuori che non è stato fatto entrare. Esco a cercarlo e dopo averlo trovato proviamo a entrare ma non avevo il pass. L'addetto alla sicurezza mi proibisce di entrare. Allora il mio amico gli dice: "Sai chi è questo signore? Questo signore è Dio". Poi finalmente la guardia ci ha fatto entrare.
Dietmar Hamann
Avevamo lasciato gli spogliatoi da sconfitti e siamo rientrati da campioni dopo il secondo tempo, dopo i supplementari, dopo i rigori, dopo aver sollevato la coppa e festeggiato con i tifosi. Con il fuso orario della Turchia credo che la partita non sia finita prima di mezzanotte. Era mezzanotte e mezza o l'una ed era tutto un po' surreale. Non ci sono stati festeggiamenti esagerati. C'era tanta incredulità.
Sul ritorno al Merseyside
Dietmar Hamann
C'erano centinaia di migliaia di persone per le strade che aspettavano il nostro ritorno. Per arrivare al centro della città ci hanno dato un pullman aperto. Doveva durare un paio d'ore. Credo che alla fine ce ne siano volute quattro o cinque perché c'erano almeno un milione di persone per strada. Vedere così tanta gente felice, riportare il trofeo a Liverpool dopo 21 anni è stato proprio il motivo per cui si gioca a calcio.
Quando vedi [...] persone dai cinque ai novant'anni, alcune con le lacrime che solcano le guance, resti molto colpito. Quello è stato probabilmente il momento più memorabile vissuto in questi pochi giorni a Istanbul e poi sulla via del ritorno. È questo che lo rende così speciale. È un club e una città speciale.