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Venerdì 13? Le superstizioni del calcio europeo

Oggi è venerdì 13 e in gran parte del mondo viene considerato un giorno sfortunato. Per 'esorcizzarlo', passiamo in rassegna tutte le scaramanzie utilizzate dai giocatori per assicurarsi le grazie della sorte.

Venerdì 13? Le superstizioni del calcio europeo
Venerdì 13? Le superstizioni del calcio europeo ©AFP/Getty Images

Il prepartita

Kolo Touré vuole sempre essere l'ultimo a scendere in campo, ma quando giocava all'Arsenal FC ha creato qualche problema. Durante l'intervallo della gara di UEFA Champions League 2009 contro l'AS Roma, il compagno William Gallas si è attardato negli spogliatoi per farsi curare dai fisioterapisti: Touré lo ha aspettato e la gara è ripresa senza i due giocatori. Il difensore, inoltre, è stato ammonito per essere rientrato senza il permesso dell'arbitro.

Tomáš Rosický, capitano della Repubblica Ceca, non canta mai l'inno nazionale a voce alta, perché quando lo ha fatto a livello giovanile ha sempre perso. Mario Gomez, invece, lo canta sempre a squarciagola perché quando è rimasto zitto non ha mai segnato.

Bruno Pesaola, ex allenatore dell'ACF Fiorentina, era convinto che ascoltare il suo disco portafortuna prima di ogni partita fosse molto utile. Addirittura, una volta lo dimenticò a casa e fece 500 chilometri con l'auo per andarlo a prendere in tempo.

Anche l'ex capitano del Chelsea FC, John Terry, è molto scaramantico. Per molto tempo, prima di ogni partita ha ascoltato sempre lo stesso CD di Usher in auto, ha parcheggiato sempre nello stesso posto e ha occupato lo stesso sedile in autobus. Inoltre, ha utilizzato lo stesso paio di parastinchi per 10 anni prima di perderli in una gara in casa dell'FC Barcelona.

Il bacio portafortuna di Laurent Blanc
Il bacio portafortuna di Laurent Blanc©Getty Images

In Coppa del Mondo FIFA 1998, Laurent Blanc baciava sempre il portiere Fabien Barthez sulla testa a inizio partita. Il gesto rimane uno dei più immortalati del torneo, ma pochi sanno che Blanc ascoltava sempre 'I Will Survive' di Gloria Gaynor in spogliatoio prima di scendere in campo.

Romeo Anconetani, leggendario ex presidente del Pisa Calcio, spargeva sale sul campo prima delle partite importanti. Pare che una volta ne abbia versati addirittura 26 chili.

Petr Čech a UEFA EURO 2012
Petr Čech a UEFA EURO 2012©Sportsfile

I giocatori della Repubblica Ceca hanno deciso di non radersi durante UEFA EURO 2012. Il portiere Petr Čech si è rifiutato anche quando la moglie lo ha chiamato per dirgli che aveva un aspetto orribile.

I segreti degli attaccanti

Ai tempi dell'Ajax, Johan Cruyff dava una pacca sullo stomaco al portiere Gert Bals prima di ogni partita, mentre al calcio d'inizio cercava di sputare la gomma da masticare nella metà campo avversaria. Ancora più sorprendente era l'abitudine di Gerrie Mürhen, che durante le partite di Coppa dei Campioni insisteva per indossare le mutande del compagno Sjaak Swart.

Gary Lineker non tirava mai in porta durante il riscaldamento perché non voleva 'sprecare gol'. Inoltre, se nel primo tempo non segnava, durante l'intervallo cambiava la maglia.

Filippo Inzaghi e i biscotti della fortuna
Filippo Inzaghi e i biscotti della fortuna©AFP/Getty Images

Filippo Inzaghi aveva un rito 'dolce'. Prima di ogni partita mangiava una scatola di biscotti per bambini, lasciandone sempre due.

Serhiy Rebrov, ex tecnico dell'FC Dynamo Kyiv, era scaramantico più che altro nel dopopartita. Se vinceva, cercava di passare la vigilia della gara successiva come quella precedente, svegliandosi alla stessa ora, mangiando le stesse cose e parlando con le stesse persone.

I riti dei portieri

L'ex portiere della Scozia Alan Rough è celebre per il suo rituale pre-partita. "Avevo preso l'abitudine di non radermi prima delle partite", ha ricordato. "E dovevo sempre appendere i miei vestiti nella zona numero 13. Facevo rimbalzare un pallone nello spogliatoio per un certo numero di volte - non ricordo più quante - stando attento a non finire nella parte sfortunata del pavimento. Indossavo una vecchia maglia sotto la divisa e portavo sempre le mie calze bianche personali, e continuato a portarle con me in Scozia quando la federcalcio svedese ha iniziato a esigere il rosso per tutta la squadra. In Israele [in una gara di qualificazione al Mondiale nel 1981] mi ero dimenticato di lavarli quindi erano ancora umidi perché li ho lavati all'ultimo momento e andavo in giro con questi calzini che facevano bolle di sapone che fuoriuscivano dagli scarpini, e ho giocato una delle mie migliori partite in nazionale. Avrei dovuto farlo d'abitudine".

Anche in partita aveva uno strano comportamento. "Avevo un cappello pieno di portafortuna da mettere dietro la rete", ha raccontato. "C'erano dentro una vecchia pallina da tennis, un portachiavi, un paio di biglie, e molta piccola bigiotteria. Mi piaceva soffiarmi il naso e chiedere l'ora, e avevo sempre sette chewing-gum con me: tre per ogni tempo e uno per il recupero. Quindi sì, ero piuttosto superstizioso".

Ai tempi del Liverpool FC, il portiere del Napoli Pepe Reina faceva il pieno alla stessa pompa di benzina prima di ogni partita (anche se non ne aveva bisogno) e insisteva per parcheggiare la sua auto nella piazzola numero 39 ad Anfield.

David James, ex portiere dell'Inghilterra, aveva una lunga serie di riti: per esempio, prima di ogni partita andava agli orinatoi, attendeva che fossero vuoti e poi sputava contro il muro.

Artem Rebrov era solito baciare i pali
Artem Rebrov era solito baciare i pali©Getty Images

Artem Rebrov, ex portiere dell'FC Spartak Moskva, parlava con i pali e li baciava prima di ogni gara.

L'abbigliamento

L'attaccante della Romania Adrian Mutu si metteva foglie di basilico nei calzini prima delle partite. Alcune streghe rumene lo avevano poi avvisato che una ex fidanzata gli aveva lanciato una maledizione. "Nessun problema", ha risposto. "Le maledizioni non possono farmi nulla perché indosso la mia biancheria al contrario".

Un altro rumeno, Marius Lăcătuș, insisteva perché nessuno toccasse la sua divisa il giorno della partita.

Gheorghe Popescu, ex Galatasaray AŞ, non voleva che i compagni tenessero gli scarpini con i tacchetti verso l'alto perché secondo lui portava sfortuna. In finale di Coppa UEFA 1999/00, però, non andò così, perché dopo i supplementari segnò il rigore decisivo contro l'Arsenal.

Renzo Ulivieri, uno degli allenatori più folkloristici del calcio italiano, credeva nei poteri del suo cappotto magico, che ha indossato anche durante una partita a Palermo con 35 °C di temperatura.

Costantino Rozzi, ex presidente dell'Ascoli, pensava che i calzini rossi portassero fortuna. Dopo la sua morte, la squadra li ha indossati in suo onore alla partita successiva.

Basile Boli, autore del gol che ha permesso all'Olympique de Marseille di vincere la prima finale di UEFA Champions League nel 1993, aveva le sue mutande portafortuna, indossate dalla prima presenza da professionista sino alla finale di Monaco.

Si racconta che Luis Aragonés, compianto Ct della Spagna, avesse un problema con il giallo. Una volta, dopo aver visto Raúl González presentarsi in albergo con una maglia di quel colore, lo costrinse a cambiarsi.

Mario Mandžukić, attaccante Croazia, era solito fasciarsi sempre le mani come i pugili prima di ogni partita ai tempi dell'Atlético Madrid. "I fisioterapisti sanno che non ammetto eccezioni", aveva dichiarato; chissà se ha mantenuto questo rito scaramantico anche ora alla Juventus.

Anche Ivan Rakitić dell'FC Barcelona ha i suoi riti. Prima di ogni partita si fascia la gamba sinistra, poi indossa il calzino e lo scarpino sinistro, ma in campo entra sempre con il piede destro. Miroslav Klose, ex attaccante della SS Lazio, invece, indossava prima lo scarpino destro ma entrava in campo con il sinistro. I giocatori ucraini più scaramantici entrano in campo con il sinistro e allacciano prima lo stesso scarpino.

Álvaro Negredo ha ammesso in passato che, se segna, la settimana dopo indossa la stessa maglia, specificando che prima la lava. Il giocatore vuole anche essere l'ultima persona a uscire dal tunnel degli spogliatoi.

Armin Veh, ex allenatore del VfB Stuttgart, voleva che la sua squadra indossasse il più possibile la maglia rossa al posto di quella bianca, perché con quella rossa era più aggressiva.

Kurban Berdyev, ex tecnico dell'FC Rubin Kazan, non rinuncia mai alle sue perline e alla sua giacca portafortuna, che spesso preferisce al cappotto nonostante le temperature polari in Russia.

Quando era capitano dell'FC Shakhtar Donetsk e dell'FC Zenit, Anatoliy Tymoshchuk indossava sempre due fasce, una delle quali era appartenuta al grande Lothar Matthäus.

I portafortuna

In Scozia, l'attaccante Farid El Alagui dell'Dunfermline è molto affezionato a una moneta da una sterlina che ha trovato in campo prima di una gara. Da allora la porta sempre con sé.

Anche il leggendario Eusébio aveva una moneta portafortuna, che metteva in uno scarpino. Dopo il ritiro, invece, portava sempre con sé un asciugamano bianco per guardare le partite della nazionale.

Una delle più grandi stelle del calcio macedone degli anni ’70, l’attaccante Vancho Balevski, ha sempre scelto la stessa metà campo in caso di vittoria nel sorteggio con la monetina. Da allenatore del Vardar e Sloga, la superstizione della monetina si è addirittura evoluta. Balevski infatti si recava in chiesa e lasciava un offerta secondo le tradizioni della chiesa ortodossa. Il rituale prevedeva tuttavia di riprendere una monetina da lanciare nella porta degli avversari che avrebbero affrontato, credendo che tale scaramanzia gli avrebbe permesso di trovare il gol con più facilità.

Bruno Akrapović, ex centrocampista bosniaco, ha voluto indossare la maglia No8 per tutta la carriera in Germania. Il motivo è semplice: il primo contratto con una squadra tedesca, l'SV Arminia Hannover, lo ha firmato l'8/8/88.

I portafortuna di Omar Borg
I portafortuna di Omar Borg©Domenic Aquilina

A Malta, il portiere Omar Borg ha ben due portafortuna: un'icona che apparteneva alla nonna e un nastro rosa di sua figlia. "Lo indosso sempre perché mi dà forza - ha spiegato a UEFA.com -. Se prima della partita non lo trovo vado nel panico: se perdessi i guanti sarebbe meno peggio".

Le maledizioni

In Coppa delle Fiere 1966/97, la GNK Dinamo Zagreb è stata colpita dalla "maledizione della monetina", che ha decretato una controversa vittoria contro lo Spartak Brno dopo un 2-2 complessivo. Il capitano della Dinamo, Slaven Zambata, ha infatti esultato appena la moneta ha toccato terra e nel caos nessuno ha controllato che avesse ragione. I tifosi della Dinamo credono che, da allora, gli dei del calcio ci abbiano messo lo zampino. 

Quando allenava il Birmingham City FC, Barry Fry era convinto che lo stadio St Andrew fosse maledetto e urinava ai quattro angoli del campo per scacciare gli spiriti maligni. "Se funzionava? Da allora abbiamo iniziato a vincere e pensavo di sì, ma poi mi hanno esonerato, quindi mi sa di no".

Béla Guttmann ha maledetto il Benfica?
Béla Guttmann ha maledetto il Benfica?©Getty Images

Dopo aver vinto la Coppa dei Campioni 1961/62 con l'SL Benfica, il tecnico ungherese Béla Guttmann ha lasciato la squadra tra mille polemiche perché la società non voleva aumentargli lo stipendio e ha proclamato la sentenza: "Non vincerete mai più per 100 anni". Da allora, la squadra ha perso otto finali europee.

Le vibrazioni negative

Nils Liedholm aveva un mago personale, Mario Maggi, con cui si consultava regolarmente per decidere la formazione. Maggi racconta di aver predetto la sconfitta dell'AS Roma in finale di Coppa dei Campioni 1983/84: "Nils non ha parlato più per due mesi. Non ero un portafortuna solo per lui, ma anche per altri giocatori che ha allenato, come Bruno Conti e Franco Baresi".

Raymond Domenech, ex Ct della Francia, è un grande appassionato di astrologia e prima di UEFA EURO 2008 ha dichiarato: "Se in difesa c'è un leone tengo la pistola pronta, perché so che prima o poi emergerà e ci costerà caro". Pare che anche Diego Simeone del Club Atlético de Madrid si interessi molto agli oroscopi.

Horst Ehrmanntraut, ex allenatore dell'Eintracht Frankfurt, impediva al suo assistente Bernhard Lippert di entrare in spogliatoio nel prepartita perché pensava che emettesse energie negative. Successivamente, Lippert ha spiegato: "Non mi piaceva aspettare fuori dagli spogliatoi, ma Horst aveva alcune fissazioni e ho imparato a sopportarle". In effetti deve essere stato così. Ehrmanntraut, ad esempio, preferiva guardare la squadra non dalla panchina, ma da una sedia di plastica bianca più vicina al campo. A chi pensava che volesse sfruttare la sua posizione per trasmettere energie positive ai giocatori, il tecnico ha risposto che preferiva semplicemente rimanere da solo. "Mi concentravo di più". La sedia è ancora esposta al museo dell'Eintracht.

Gli allenatori fissati

Emeric Ienei (davanti)
Emeric Ienei (davanti)©Bob Thomas/Getty Images

Emeric Ienei, vincitore della Coppa dei Campioni con l'FC Steaua Bucureşti, credeva molto nel potere dei numeri e ha raccontato: "Il 13 non mi preoccupava. Anzi, in hotel sceglievo sempre una stanza che finiva per 13 perché mia figlia è nata il 13 settembre. Ma avevo anche altre scaramanzie: per esempio, impedivo a mia moglie di venire allo stadio. Quando nel 1986 abbiamo vinto la finale a Siviglia, ha dovuto guardarla in hotel. Da giocatore, invece, se passeggiavo per strada e vedevo una pietra sceglievo subito un bersaglio: se calciavo il sasso e facevo centro, sicuramente avremmo vinto la partita dopo".

I tecnici rumeni Mircea Lucescu, Anghel Iordănescu e Victor Pițurcă non vogliono mai che il pullman della squadra faccia retromarcia quando i giocatori sono a bordo. Iordănescu, Lucescu e la maggior parte delle squadre georgiane pensano anche che la presenza di una donna sull'autobus porti sfortuna.

Valeriy Lobanovskiy
Valeriy Lobanovskiy©Getty Images

Valeriy Lobanovskiy, leggendario allenatore dell'FC Dynamo Kyiv e dell'Ucraina, aveva diverse superstizioni. Per esempio, aveva abolito la maglia No13, mentre le donne non potevano salire sul pullman della squadra: l'unica eccezione riguardava le hostess in aereo. Inoltre, era sempre l'ultimo a scendere dall'autobus ed evitava di calpestare le righe sul pavimento o in campo. Soprattutto, pensava che per vincere dovesse esserci almeno un giocatore dai capelli rossi in squadra.