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Moravčík su Celtic, Juve e Lennon il 'leader'

"Nel calcio capitano le sorprese, non i miracoli", ha detto a UEFA.com Lubomír Moravčík che ha parlato della sua ex squadra, il Celtic FC, e di quanto sarà dura la partita contro la Juventus nel ritorno degli ottavi.

Lubomír Moravčík
Lubomír Moravčík ©Getty Images

L'ambiasciatore degli Europei UEFA Under 17 in programma a maggio in Slovacchia, Lubomír Moravčík, si è preso una pausa dalla promozione del torneo per parlare a UEFA.com della sua ex squadra, il Celtic FC.

Ora 47enne, Moravčík ha giocato quasi 100 partite in campionato per la squadra di Glasgow come centrocampista creativo per quattro anni a cavallo del millennio.

In questa invervista, l'ex vincitore - per due volte - della Premier League scozzese spiega quale "missione impossibile" attende gli Hoops mercoledì, nel ritorno degli ottavi di UEFA Champions League, quello che ricorda della partita contro la Juventus nel 2001, e cosa rende il suo ex compagno Neil Lennon un vero "leader". 

UEFA.com: Dopo la sconfitta per 3-0 all'andata contro la Juventus, sarà difficile qualificarsi per il Celtic, ma è già un gran traguardo essere arrivati alla fase a eliminazione diretta...

Lubomír Moravčík: Sono stato abbastanza fortunato da esserci quando hanno battuto il Barcellona [2-1 alla quarta giornata]. Speravo non avrebbbero subito gol contro la Juve, perché allora avrebbero avuto una chance di passare il turno. Ne hanno presi tre, quindi adesso è una missione impossibile. Nel calcio capitano sorprese, non miracoli.

UEFA.com: Quando hanno battuto il Barcellona è successa una cosa del genere.

Moravčík: E' stato straordinario. E' quel genere di cosa che capita ogni dieci anni, ma ce l'hanno fatta. La gente era così orgogliosa, c'era Rod Stewart che piangeva. E' un paese con gente meravigliosa che ama il calcio. L'ho vissuto sulla mia pelle e non lo dimenticherò mai. Sono davvero contento di averlo potuto provare, perché la mia carriera altrimenti non sarebbe completa. Sono stato davvero felice e provo sempre grandi emozioni quando vedo il Celtic perché sono orgoglioso di aver fatto parte di questo club. Amo il Celtic, lo amo. E' come la mia famiglia.

UEFA.com: Hai giocato al fianco di grandi calciatori, come Henrik Larsson. Qual è il tuo giocatore preferito della rosa attuale?

Moravčík: Non vedo molto spesso le partite del Celtic. Henrik era in grado di cambiare o di vincere una partita da solo, mentre il Celtic di oggi punta più sul collettivo che sulle individualità. Henrik era straordinario, gli bastava anche un passaggio sporco per fare gol. Creava le occasioni da solo.

UEFA.com: Nel 2001 hai giocato e vinto 4-3 una memorabile gara contro la Juventus nella fase a gironi. Che cosa ricordi di quella sfida?

Moravčík: Martin O'Neill mi disse che avrei giocato già in settimana. Prima non avevo visto il campo molto spesso e quando seppi che sarei partito titolare mi preparai al meglio, come se fosse la mia ultima partita con la maglia del Celtic. Per me era la prima partita in Champions League ae sapevo che probabilmente sarebbe stata anche l'ultima, perché avevo annunciato che a fine stagione avrei lasciato il club.

Diedi tutto sul campo e mi divertii. Considerai quella sfida come una sorta di bonus nella mia carriera da calciatore. Ero davvero felice di essere in campo e di affrontare Pavel Nedvěd, un giocatore che ammiravo da sempre per il suo talento, ma anche per la sua modestia e la sua personalità.

UEFA.com: Neil Lennon, tuo ex compagno di squadra, ora è alla guida del Celtic. Immaginavi che sarebbe diventato un allenatore e credi che abbia le carte in regola per svolgere quel compito ai massimi livelli?

Moravčík: Prima di tutto, voglio dire che è stato bello condividere il campo e lo spogliatotio con Neil, perché era un vero leader. Lavorava molto per me, per Henrik e per tutti. Era felice del suo ruolo. Questa era la cosa più importante per lui: sapeva ciò che doveva fare, cioé lavorare per permettere a noi di segnare. Era il leader del gruppo e un bravo ragazzo, due qualità fondamentali per allenare.

Per diventare un buon allenatore non serve essere stato un grande calciatore, ma sapere che cosa serve sul campo. L'allenatore deve fare in modo che la squadra lo segua e Neil è esattamente quel tipo di persona. Ci incoraggiava sempre e con lui alle spalle sapevamo di poterci concentrare sulla fase offensiva. E' un buon tecnico, con ottime qualità.

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