Berlino-Milano, il viaggio di Boateng
lunedì 26 marzo 2012
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Il centrocampista del Milan racconta alla rivista Champions della sua infanzia difficile in Germania e degli incoraggiamenti del fratello maggiore che l'hanno spinto ad emergere nel calcio professionistico.
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Nello stralcio dell'intervista contenuta nel 52esimo numero di Champions, il centrocampista dell'AC Milan Kevin-Prince Boateng racconta la sua infanzia a Berlino e parla dei suoi idoli sportivi.
Com'è stato crescere a Berlino?
E' un po' come crescere a Londra, nel quartiere di Tottenham, forse. Molta disoccupazione e criminalità. Ma nessuno è esente da difficoltà nella vita, e a me è toccato crescere in una zona difficile di Berlino. Mi ha aiutato molto a diventare un calciatore professionista e un modello sportivo positivo. I bambini piccoli di Berlino mi guardano come esempio. La mia missione è questa: dimostrare loro che è possibile raggiungere i propri obiettivi anche venendo da un contesto difficile.
Il background simile ti ha aiutato a 'legare' subito con Zlatan Ibrahimovic?
Dal primo giorno siamo diventati grandi amici, ci siamo capiti subito, scherzando molto insieme. Credo che il background simile ci abbia aiutato a legare così bene sin da subito.
Hai sempre voluto diventare un calciatore professionista?
Non proprio. Quando si è giovani non si pensa troppo a quello che si vuole diventare. Volevo soltanto giocare a calcio perché mi divertivo molto. Ho iniziato a sognare di diventare un calciatore professionista intorno ai 16 anni.
Qual è stata la figura determinante nella tua crescita?
Il calcio è sempre stato presente nella mia famiglia. Mio padre, mio fratello maggiore, i miei fratelli minori e perfino mio madre giocavano a calcio. La figura più importante è stato mio fratello più grande, che mi ha sempre incoraggiato con forza – a volte anche troppa – visto che lui non ce l'aveva fatta a diventare calciatore, pur essendo un grande talento. Crescere in quell'ambiente mi ha aiutato a diventare un calciatore professionista.
Chi sono stati i tuoi idoli del calcio?
Ho ammirato molti calciatori, ma Pelé è stato il mio idolo più grande perché era una persona di colore che aveva raggiunto il successo a suon di gol. Mi piaceva molto anche Rivaldo, anche perchè ho sempre pensato di avere caratteristiche simili a lui.
Qualche idolo al di fuori del calcio?
Il mio idolo più grande è Muhammad Ali, e naturalmente Michael Jordan. Ci sono molti sportivi che apprezzo, ma loro due sono incredibili.
Quali sono i tuoi hobby al di fuori del calcio?
Il basket è uno dei miei sport preferiti. Mi piace giocarlo e guardarlo in tv. Mi piace anche cantare e ballare.
Hai tantissimi tatuaggi? Hanno tutti un significato particolare?
Tanti sono tatuaggi con un significato, che hanno una 'storia' dietro, molti significano meno, però sì, mi piacciono molto i tatuaggi ed è per questo che ne ho molti in tutto il corpo.
Da dove viene l'esultanza acrobatica dopo i gol?
Dipende dal momento, a volte esulto senza troppa enfasi, a volte esplodo esultando come un pazzo. Prima non segnavo molto e avevo più tempo per pensare all'esultanza, adesso faccio quello che mi viene al momento.
Abbiamo visto il tuo 'moonwalk' davanti a migliaia di persone a San Siro in occasione dei festeggiamenti per lo Scudetto lo scorso anno. Anche Michael Jackson era un tuo idolo?
E' stato un mio eroe durante tutta l'infanzia e lo è ancora oggi visto che ascolto ancora la sua musica. Per me è il migliore cantante, cantautore e ballerino: tutto. Tutti lo copiano. C'è un po' di Michael Jackson in ogni cantante e cantautore. La sua morte è stato uno choc per me. Le sue parole mi hanno aiutato a superare molti momenti difficili. Avevo detto una volta nello spogliatoio che avrei fatto il 'moonwalk' se avessimo vinto il campionato, e la stampa ha cavalcato quella promessa. Ma è stato bello.
Se il Milan dovesse vincere il campionato anche quest'anno, come lo festeggerai?
Non prometto più nulla! Vedremo. Prima di tutto dobbiamo vincerlo, che è la cosa più importante.
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