Schmeichel ricorda la finale del '99
lunedì 29 marzo 2010
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Capitano del Manchester United nella finale del 1999 giocata a Barcellona contro il Bayern Monaco, l'ex portiere ricorda quella serata magica alla vigilia di un nuovo scontro tra le due corazzate europee.
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In vista della sfida tra Manchester United FC e FC Bayern München ai quarti di finale di UEFA Champions League, Peter Schmeichel ha ricordato una delle finali più emozionanti nella storia della Coppa dei Campioni, quella giocata al Camp Nou nel 1999, quando la squadra di Sir Alex Ferguson ha vinto in rimonta per 2-1 grazie a due gol nel recupero.
Ora 46enne, Schmeichel aveva subito gol dopo soli sei minuti in quella finale - in rete Mario Basler su punizione - e quella rete sembrava aver dato un vantaggio incolmabile al Bayern fino a che Teddy Sheringham e poi Ole Gunnar Solskjær hanno segnato regalando il trofeo ai Red Devils. Capitano quella sera data l'assenza di Roy Keane, l'ex portiere della Danimarca ricorda quella finale del 26 maggio 1999 in dettaglio.
Peter Schmeichel
Dovevamo giocare tre partite in nove giorni. Prima col Tottenham in casa in Premier League. Poi avevamo l’Arsenal che ci tallonava. Se avessimo vinto con gli Spurs, indipendentemente da quello che avrebbe fatto l’Arsenal, avremmo vinto il campionato. Poi avevamo il Newcastle sabato in finale di FA Cup, poi ovviamente il Bayern Monaco a Barcellona nella finale di Champions League. Ed è stato solo dopo la finale di FA che ho iniziato a pensare a questa grande partita di Barcellona. E’ probabilmente la partita a livello di club più importante che io abbia giocato.
Eravamo un po’ in difficoltà all’inizio della gara perché non avevamo Roy Keane. Non avevamo nemmeno Paul Scholes, che aveva rimediato la squalifica contro la Juventus. E loro due, beh, erano stati l’ossatura della nostra squadra per tutta la stagione. Eravamo senza di loro, quindi ha giocato David Beckham; era a centrocampo. Non che non ci sapesse giocare, ma certo eravamo un po’ in difficoltà all’inizio, perché avevamo Ryan Giggs che giocava a destra; poi Jesper Blomqvist a sinistra. Quindi all’inizio della partita avevamo bisogno di ritrovarci un po’, e tornare a fare quello in cui eravamo bravi, cioè essere solidi.
Poi abbiamo iniziato a entrare nel nostro solito ritmo, giocando sugli esterni, mettendo cross al centro, provare a giocare in mezzo per Dwight York e Andy Cole. E la variazione nel nostro gioco è iniziata e ce l’abbiamo fatta, abbiamo creato molte opportunità. In un certo senso ci siamo calmati e sapevamo quello che dovevamo fare a quel punto: dovevamo segnare e penso che in quell’anno, sì, particolarmente in quell’anno, avere la consapevolezza che dovevamo segnare, ci ha resi particolarmente pericolosi come avversari.
La loro mentalità era di aggrapparsi a quello che avevano e stare fermi. Ero piuttosto sicuro che a un certo punto avremmo segnato e l’1-1 ci avrebbe dato coraggio. Non avevo la sensazione che avremmo dovuto aspettare così a lungo come poi è successo. Ero preso dal pensiero che ci saremmo arrivati… cos’era, un silver gol all’epoca? Penso di sì. Ma in ogni caso nei supplementari ero in estasi quando abbiamo segnato quel gol, perché sapevo che avremmo avuto un’altra opportunità.
Ricordo i miei pensieri, mi dicevo 'schiarisciti la mente ora, concentrati, assicurati che non segnino ora; rilassati e preparati perché ora ci vuole il 100% della concentrazione, ed essere un portiere, piuttosto che provare a spingere la tua squadra in avanti. Ora dobbiamo concentrarci per tornare alle cose basilari, perché è così che sarà la partita'.
E mentre penso a questo, segnamo il secondo gol… Non posso credere a quello che sta succedendo, ma… Quando è stato dato l’angolo ho pensato ancora “hey, un’altra opportunità”. Ovviamente lo era perché a quel punto erano nervosi, pensavano a questo; pensavano 'hanno appena segnato così' con l’angolo precedentemente avuto. Quindi non te lo aspetti ma succede.
Non volevo essere quello che alzava la Champions League, volevo lo facesse Sir Alex, perché era la persona che aveva dato a me e a tutti in squadra l’opportunità che volevamo. Era quello che ci aveva guidati, certe volte guidati alla pazzia con le sue richieste, ma comunque era quello che si assicurava sempre che non lasciassimo mai il campo senza aver dato il 100%. Quindi per lui restare nelle retrovie, quando abbiamo ricevuto il trofeo che lui ci aveva detto avremmo alzato un giorno, non pensavo che fosse giusto. Quindi alzarlo con lui è stata l’ultima cosa che ho fatto con il Manchester United e non avrei potuto chiedere un finale migliore per la mia carriera.
Tutto per otto anni ha riguardato solo me. Ero sempre via, non ero mai davvero con i miei figli. Ovviamente c’ero ma era molto, molto difficile, però quella sera i miei figli erano sul pullman con me. Quindi tutti avevamo i nostri figli e per me condividere quel momento con i miei due bambini è stato davvero incredibile e ho le foto di quel momento. E’ divertente, mio figlio è là in alto con una delle coppe, e mia figlia è lì con un’altra, un po’ tutti mischiati, e quello è stato il mio finale, il mio finale perfetto dopo otto anni allo United dove si trattava solo di me che giocavo le partite. Ma la mia famiglia era con me e loro hanno vissuto quel momento, c’erano. E questo, per me, è stato assolutamente fantastico.