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Il ct dell'Italia, Luciano Spalletti, su tattica, difesa del titolo a EURO e sul sentirsi in 'paradiso' – l'intervista

"In un certo senso siamo di fronte a noi stessi, non al mondo esterno", ha detto Luciano Spalletti soffermandosi anche sulle aspettative dell'Italia a UEFA EURO 2024 da campione in carica.

 Luciano Spalletti parla ai suoi giocatori in un allenamento dell'Italia
Luciano Spalletti parla ai suoi giocatori in un allenamento dell'Italia Getty Images

Arrivato sulla panchina dell'Italia nell'agosto 2023 dopo la partenza di Roberto Mancini, Luciano Spalletti è l'uomo scelto per guidare gli Azzurri nella difesa del titolo a UEFA EURO 2024.

Dopo una carriera da giocatore trascorsa per gran parte nelle serie inferiori, Spalletti inizia la carriera da allenatore tra Serie C e Serie B ottenendo risultati altalenanti sino a quando viene scelto dall'Udinese nella massima serie. Con i friulani trova continuità e ottiene un ottimo piazzamento in campionato che gli vale la chiamata di una big come la Roma nel 2005. Dopo il periodo in giallorosso si trasferisce in Russia dove vince numerosi trofei prima di tornare in Italia nel 2016, ma è nel 2022/23 che compie un vero e proprio capolavoro calcistico conducendo il Napoli alla vittoria di uno Scudetto atteso da più di 30 anni. Oggi, a 65 anni, Spalletti si prepara a vivere il suo primo Europeo da commissario tecnico, e nell'intervista concessa a UEFA.com racconta della nuova filosofia di gioco del calcio italiano e delle aspettative degli Azzurri nella fase finale di questa estate in Germania.

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Sul gioco dell'Italia

Siamo spesso considerati, o almeno conosciuti, come dei maestri della fase difensiva e degli specialisti del contropiede. Ma in Italia stiamo cambiando il nostro approccio. Vogliamo che le squadre attacchino invece di aspettare sempre. Vogliamo pressare, costruire il gioco e cercare di bloccare la manovra avversaria in maniera compatta da squadra.

Il gioco è fluido. Bisogna andare alla ricerca degli spazi lasciati dall'avversario, perché lo spazio non è più tra le linee. Lo spazio è quello in cui l'altra squadra lascia dei vuoti. A volte si inizia con una forma o un sistema iniziale e poi si termina in un altro modo, finendo per adottare due sistemi diversi durante la stessa partita. Grazie a questa fluidità, si finisce per fare le cose in modo diverso. Non c'è più quella rigidità facilmente riconoscibile che si aveva in passato. Adesso il calcio è molto più creativo.

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Loro sanno giocare al di fuori della loro comfort zone. Sanno come giocare a centrocampo o da terzini che possono spingersi oltre la linea difensiva. Sanno giocare un pallone attraverso la linea difensiva. Non hanno paura di arrivare davanti alla porta e fare gol. Giocatori come loro, dotati di questa fluidità di gioco, si trovano a loro agio ovunque in campo. Dominano il centrocampo e sono anche curiosi di andare a vedere cosa c'è dietro la linea difensiva. Sono dei grandi giocatori.

Sulle sensazioni in questo nuovo ruolo

È una sensazione paradisiaca trovarsi in situazioni come queste. Sono abbastanza vecchio da sapere che, con tutti gli alti e bassi del calcio, al giorno d'oggi si può essere sul punto di diventare il numero 1 al mondo e un minuto dopo trovarsi in un momento di difficoltà. Le partite si susseguono rapidamente.

Questi tornei sono davvero importanti, ed è per questo che dobbiamo essere pronti a tutto. Come diciamo nel nostro inno: 'siam pronti alla morte'.

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Sulla pressione dell'Italia per la difesa del titolo

A mio parere, arrivare al torneo da campioni in carica è un vantaggio. Ma dobbiamo capire subito che dobbiamo comportarci da campioni in carica. L'Italia ci ha scelto per rappresentare la nostra nazione, ma vedremo solo durante le partite se saremo all'altezza del compito.

Dobbiamo dimostrarlo. Dobbiamo convincere noi stessi, non solo i tifosi. In un certo senso, siamo di fronte a noi stessi, non al mondo esterno. Dobbiamo far vedere di che pasta siamo fatti, mostrare quello che abbiamo dentro.

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