La grinta del Ninja per la Roma
venerdì 3 novembre 2017
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Radja Nainggolan ci parla della sua infanzia, del rapporto con la Roma e dei sogni della squadra capitolina che sta volando in UEFA Champions League. E ricorda: "Venire in Italia è stata la mia 'salvezza'".
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Per un girone di ferro servono uomini di ferro. E la Roma, che dopo quattro giornate guarda dall'alto in basso squadroni del calibro di Chelsea e Atlético Madrid, può contare addirittura su un guerriero a centrocampo. Anzi, su un Ninja.
Abbiamo incontrato Radja Nainggolan e il centrocampista giallorosso ci ha parlato della sua infanzia, del rapporto con la Roma e dei sogni della squadra capitolina in UEFA Champions League.
Chi era da ragazzo Radja e come è diventato Nainggolan?
Il mio percorso verso il calcio è stato molto lungo e difficile, forse un po’ “in ritardo”, diciamo. Però se oggi riguardo quello che ho fatto penso sia stato un grande percorso, passando per squadre magari più piccole, squadre che mi hanno fatto acquisire la maturità giusta. Sono partito (per l’Italia) quando avevo appena compiuto 17 anni e sono stato bene ovunque. Sono stato in tre squadre, io mi affeziono molto velocemente a una piazza. Come in questo caso: sono molto contento di essere qui.
C’è sempre stato il calcio nella tua testa?
Sì, perché ho avuto un passato molto difficile e con amicizie molto particolari, non tutte giuste. Oggi li sento ancora, perché crescendo si matura tutti quanti. Ma sono esperienze di vita che ti servono per diventare una persona più forte, per capire cosa sbagli nella vita e cosa no. L’importante è che ho fatto un percorso di vita importante, a scuola non andavo benissimo e ho avuto la fortuna di aver avuto la possibilità di giocare a calcio venendo in Italia. E’ stata la mia “salvezza” ma anche un’esperienza di vita nuova.
Che ricordo hai di quando sei arrivato in Italia a Piacenza?
Per come ero cresciuto era molto difficile lasciare la mia città, i miei amici, i miei cari. I primi sei mesi per me sono stati molto difficili, non parlavo la lingua, è vero che parlavo il francese e capivo tanto ma…ero ragazzino, mi obbligavano ad andare a scuola. Pensavo solo al calcio, non era facile: dopo sei mesi me ne volevo andare, poi alla fine sono rimasto e ho fatto la scelta giusta.
Sei arrivato a Roma nel 2014. Che rapporto hai con la gente giallorossa, che significa per te questa maglia?
Quando sono andato via da Cagliari volevo “prendere” una piazza molto importante. Avrei potuto sceglierne tante altre in passato, ho aspettato il momento giusto anche perché all’epoca il presidente non è che mi volesse lasciar andare così facilmente…Sono arrivato con la consapevolezza che in una squadra grande bisogna lavorare tanto. Mi sono messo a disposizione, adesso ho un rapporto bellissimo con la gente: mi sento rispettato e cerco sempre di rispettare al massimo (la maglia) ogni partita che faccio.
Quali sono le qualità migliori di Radja Nainggolan?
Non sono io che devo giudicarmi, ma se c’è una cosa che ho sempre dato è il massimo di me stesso per i miei compagni e la società, penso che questo sia stato ripagato anche fuori dal campo. Per me un giocatore può sbagliare partita, può sbagliare tante cose, non essere perfetto in una giornata…ma l’importante è sempre dare il massimo. Purtroppo nel calcio si guarda troppo quando uno fa gol e non si vede mai tanto il lavoro sporco di un giocatore che è altrettanto importante.
Con la Roma hai conosciuto la Champions League...
La Champions è il sogno di ogni ragazzo che gioca a calcio, io ho lavorato tanto ed è un sogno che per me si è avverato. E' un’altra atmosfera, un campionato a sé: alla fine è un percorso corto e quando si sbaglia si paga, però ci si possono togliere tante soddisfazioni e questo è quello che noi dobbiamo provare a fare. Vogliamo arrivare il più lontano possibile. Il girone è difficile, per come siamo messi in questo momento possiamo farcela ma dobbiamo pensare a una partita alla volta.