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'Sign for an Equal Game', il programma della UEFA contro le discriminazioni

La campagna ufficiale della UEFA per EURO 2020 invita letteralmente tutti a firmare nella lotta a ogni forma di discriminazione.

Durante UEFA EURO 2020, la UEFA ha chiesto a tutti i membri della comunità calcistica europea, dai giocatori ai tifosi, di esprimere la loro ferma opposizione a tutte le forme di discriminazione attraverso due gesti simbolici:

• La firma di una cartolina digitale su equalgame.com.

• La condivisione sui social network della propria cartolina digitale firmata, proprio come fatto da Matthijs de Ligt, João Félix, Pernille Harder, Moise Kean, Paul Pogba e Jadon Sancho.

Firma per Equal Game

Ma cosa è esattamente #EqualGame?

#EqualGame promuove la visione della UEFA secondo la quale chiunque dovrebbe poter giocare a calcio, indipendentemente da tutto, compreso provenienza, sesso o bravura.

Sin dal suo lancio risalente alla stagione 2017/18, l'iniziativa ha aumentato la consapevolezza di come il calcio possa giocare un ruolo di primo piano nell'abbattere le barriere sociali e costruire delle comunità.

Equal Game fa parte del programma mondiale Respect della UEFA, lanciato prima dell'UEFA EURO 2008 giocato in Austria e Svizzera. Il messaggio Respect, ben visibile in tutte le competizioni ed eventi UEFA, unisce tutti i progetti di responsabilità sociale della UEFA che utilizzano il calcio per affrontare questioni ambientali e/o sui diritti umani.

Cosa sta facendo la UEFA per garantire che il calcio abbia un ruolo attivo nella lotta a tutte le forme di discriminazione?

La UEFA ha sempre riconosciuto il potere del calcio nella lotta alla discriminazione. Si tratta di una sfida difficile poiché troppo spesso i problemi sono radicati nella società e quindi è necessario un intervento concreto dei governi nelle istituzioni che educano e formano le nuove generazioni, come le scuole.

Tuttavia, con 55 federazioni affiliate alla UEFA che abbracciano il continente europeo, il mondo del calcio può diffondere dei messaggi positivi e i calciatori fungere da modelli per milioni di persone, compresi giovani e bambini.

In primo luogo, aumentando la consapevolezza e la sensibilizzazione attraverso campagne come Respect e Sign for an Equal Game.

Secondo, ascoltando e imparando da tutti coloro che giocando a calcio hanno subito discriminazioni, dal calcio di base sino ai massimi livelli, sia dentro che fuori dal campo.

In terzo luogo, utilizzando la popolarità del calcio come sport di partecipazione di massa per educare le famiglie, le comunità, gli allenatori e, soprattutto, i bambini.

Ogni anno, la UEFA attinge alle entrate dei Campionati Europei, e assegna 100.000 euro a ciascuna delle sue 55 federazioni affiliate da investire in programmi di responsabilità sociale. Solo nella stagione 2019/20, 46 federazioni calcistiche europee hanno scelto di investire i fondi in progetti che creano pari opportunità per le comunità emarginate: rifugiati, persone con disabilità o con problemi di salute mentale, tossicodipendenti, minoranze etniche, economiche, religiose e sessuali, detenuti, tifosi e orfani.

Michele Uva, direttore del programma di responsabilità sociale della UEFA

"Dobbiamo trovare un equilibrio tra i temi in cui il calcio può avere un impatto diretto e quelli in cui la nostra influenza è più indiretta. Per esempio, assicurando che le persone con disabilità possano giocare a calcio, il nostro sport sta facendo una differenza tangibile nella vita delle persone".

"Ci sono però tante altre questioni che la UEFA non può risolvere direttamente. Tuttavia abbiamo il potere di aumentare la consapevolezza della portata del problema. Ricordiamo che in Europa circa 90 milioni di persone giocano a calcio; la nostra comunità è una delle più grandi reti del mondo ".