Ancelotti fa 200: la Champions League, la vita dopo il ritiro, Bellingham
martedì 9 aprile 2024
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Il tecnico del Real Madrid si racconta a UEFA.com.
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Carlo Ancelotti contro il Man City raggiunge le 200 panchine in carriera in UEFA Champions League. Il tecnico italiano ha vinto due Champions League da giocatore e quattro da allenatore, ma non vuole fermarsi qui e continua a sognare sulla panchina del Real Madrid. UEFA.com ha parlato con Ancelotti in esclusiva a ottobre del traguardo delle 200 partite, del significato della Champions League, di Jude Bellingham e del suo futuro.
Cosa significa raggiungere le 200 partite di Champions League da allenatore?
Abbastanza un traguardo... Se penso alla mia prima partita, se non sbaglio, giocammo contro l'[Athletic Club Sparta] Praha quando ero al Parma [Calcio]. Arrivare a 200 significa tantissime cose. È davvero un grande risultato, se così posso dire, sopravvivere così tanti anni nel mondo del calcio. E alla mia età.
Hai vinto due Champions League da giocatore e quattro da allenatore, hai una grande affinità con questo torneo. Non ci sono pozioni magiche, ovviamente, ma quali sono gli ingredienti per avere tanto successo in questo torneo?
È difficile dirlo, ma in tutta la carriera è sempre stato ed è tuttora il torneo più importante. Secondo me la Champions League, che noi chiamavamo Coppa dei Campioni, è sempre stata il torneo più prestigioso e oggi è ancora più importante perché ci sono più partite che in passato. Per quanto riguarda il segreto del mio successo… non posso dirlo con certezza. Forse, un elemento chiave è che ho allenato due club che tengono molto a questo trofeo. Non è un caso che sia il Milan che il Real Madrid siano tra i club di maggior successo nella storia di questo torneo, che rappresenta il trofeo più importante per entrambi.
Parliamo del Real Madrid. Pensi di aver lasciato il segno in questo club, e il club cosa ti ha lasciato?
Non so che impronta ho lasciato nel club… Quanto a me, il Real Madrid mi ha fatto capire, giorno dopo giorno, che alleno quella che oggi è la più grande squadra di calcio del mondo. È proprio grazie a come si è comportato il club in questo torneo. Fin dagli anni '50, il Real Madrid ha scritto la storia di questo torneo, contribuendo a creare la sua fama indiscussa.
Come riesci a legare così bene con i giocatori con cui lavori? Tutti ti amano e vogliono giocare per te. Qual è il modo migliore per gestire un gruppo di campioni, come quelli che hai incontrato durante la tua carriera?
Penso che in qualsiasi rapporto interpersonale sia necessario essere onesti con se stessi e presentarsi esattamente per come si è. Sono una persona piuttosto calma e controllata e fondamentalmente penso che cercherò sempre di rispettare le persone per quello che sono, non per quello che fanno. Rispettare il giocatore va bene, ma penso che sia molto più importante rispettare la persona che c'è dietro. Questo è il mio approccio generale. Non sono solo un allenatore, sono una persona che fa l’allenatore. Il mio carattere si è formato crescendo con le persone che considero i miei mentori: a cominciare dai miei genitori, ma anche i miei insegnanti e allenatori. Con i miei giocatori mi comporto sempre pensando a loro prima di tutto come a delle persone.
Immagino che tra i mentori di cui parlavi prima ci sia Arrigo Sacchi. Cosa ne pensi di lui?
Arrigo Sacchi è stato un innovatore di questo sport e mi ritengo molto fortunato ad averlo incontrato. L'ho avuto come allenatore per cinque anni [al Milan], poi sono stato suo assistente [quando allenava la nazionale] per tre. Dal punto di vista tecnico e metodologico mi ha insegnato molto. Porto con me i suoi insegnamenti ancora oggi, perché il suo modo di allenare le squadre negli anni '90 non si era mai visto prima.
È sempre difficile parlare in modo individuale di un giocatore, ma [Jude] Bellingham sta facendo cose straordinarie, superando anche le aspettative.
Esatto. Ha assolutamente superato le aspettative, soprattutto in termini di gol. Ha segnato molto e si sta ambientando benissimo. È molto giovane, ma anche molto maturo: ha una personalità e un carattere forti, che lo hanno aiutato a entrare [nel Real Madrid] con tanta sicurezza. Sì, non sembra un ventenne. Credo che l'esperienza in Germania lo abbia aiutato molto e lo abbia reso ancora più maturo
Dopo la Champions League, hai pensato a cosa fare quando ti ritirerai?
Viaggiare, sicuramente. Ci sono tantissimi posti che non ho mai visto: Australia, Argentina. Avendo più tempo a disposizione, potrò passarlo con la mia famiglia e i miei nipoti: ne ho cinque. Avrò tanto da fare e non mi preoccupo di quello che verrà dopo. Quando giocavo valeva lo stesso: sapevo che avrei trovato qualcosa da fare dopo. La pesca non è proprio per me. Sono andato a pescare in Canada: mia moglie è canadese e abito a Vancouver, che è una città bellissima. Sono andato a pesca un paio di volte, ma non è la mia passione.
Pensi che tornerai in Italia?
Ah, certo. Il posto dove nasci, nonostante l'umidità e le zanzare d'estate, resta sempre il più bello del mondo. Sento davvero che le mie origini sono radicate. Anche se ho viaggiato per il mondo e ho visto posti meravigliosi, le mie origini non potranno mai cambiare. Per me Reggiolo resta il posto più bello del mondo.