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Cabrini all’Italia: “Avanti senza paura”

Alla vigilia della sfida contro la Svezia padrona di casa, che mette in palio il primato nel Gruppo A, il Ct indica nella qualificazione "l'obiettivo principale" e sprona le Azzurre a giocare "senza paura di nessuno".

Antonio Cabrini (Italia)
Antonio Cabrini (Italia) ©Sportsfile

Manca un ultimo sforzo per arrivare ai quarti, per ora “l’obiettivo principale” a UEFA Women’s EURO. Dopo la bellissima vittoria contro la Danimarca, l’Italia vuole completare l’opera ma l’avversario che si troverà di fronte martedì sera ad Halmstad è il più scomodo che ci potesse essere: la Svezia padrona di casa. Malgrado il grande pubblico che inciterà le scandinave, però, Antonio Cabrini vuole che le Azzurre giochino “con convinzione e senza paura”.

“La Svezia la conosciamo da tempo: è una squadra fisicamente strutturata, che soprattutto basa il suo gioco sulla condizione fisica e su un paio di elementi importanti”, sottolinea il Ct nella conferenza stampa pre-gara, “Quello che dobbiamo fare è continuare sul discorso iniziato contro la Finlandia, cercando di giocare più o meno nella stessa maniera con la convinzione e la consapevolezza che non abbiamo paura di nessuno: rispetto per l’avversario, ma anche loro dovranno avere rispetto di noi”.

Il canovaccio della sfida dell’Örjans vall, Cabrini lo ha già in testa. “Ci aspettiamo una partita con molto tatticismo in campo, perché comunque sappiamo benissimo sia noi sia la Svezia a che punto di classifica siamo, quanto manca per tagliare il primo traguardo”, avverte l’ex difensore della nazionale e della Juventus, “Prevedo una partita tattica, nessuna delle due squadre vorrà sicuramente perdere. Credo che l’obiettivo principale sia per entrambe superare il turno".

Se nella Svezia si deciderà soltanto all’ultimo se rischiare Kosovare Asllani, una delle stelle della squadra, nell’Italia la situazione delle infortunate sembra più chiara. “Stanno entrambe recuperando”, spiega Cabrini a proposito di Elisa Camporese e Laura Neboli, vittime rispettivamente di un affaticamento muscolare e una distorsione alla caviglia e in tribuna contro la Danimarca, “Camporese sarà in panchina martedì, nel caso passassimo il turno saranno entrambe a disposizione per i quarti”.

Dopo il primo gol in Azzurro, Ilaria Mauro spera di essere protagonista anche contro la Svezia, davanti al pubblico delle grandi occasioni. “Ci sarà moltissima emozione”, ammette, “in Italia non siamo di sicuro abituate ad avere stadi così pieni. Questo è il mio primo Europeo, la mia prima competizione importante, e se sono qui è anche grazie al mister che mi ha visto in alcune partite e mi ha dato la possibilità di fare questo torneo. Ci ritroveremo davanti una squadra che gioca in casa e quindi penso giocheremo dodici contro undici, perché il tifo sarà alle stelle per loro”.

Nell’Italia l’auspicio è che sia la serata di Patrizia Panico, capitano e leader della squadra che finora si è resta utile soprattutto sfornando assist preziosi per la compagne. “Vedo Patrizia molto serena”, assicura Mauro, “è una bomber di razza spero che ci metta lo zampino…Ha segnato tantissimi gol, è lei la giocatrice che seguo di più come riferimento e per imparare tutti i movimenti e migliorare”.

"L’Italia è una squadra tecnica", sottolinea da parte sua Pia Sundhage, Ct della Svezia, "Gioca con passaggi corti passando per il centrocampo e dispone di molti elementi molto bravi. Panico è in auge da tempo e mi ricorda davvero [Carolina] Morace. Un giocatrice scaltra che segna. Quello che ci serve è mantenere alta la concentrazione".

Quello di martedì sarà una specie di ritorno all'antico per il Ct svedese, che in Italia ha vissuto un'esperienza da giocatrice con la maglia della S.S. Lazio. "[Di quella stagione] ricordo il calcio offensivo, come l’allenatore ci faceva svolgere esercitazioni di tiro da ogni angolo immaginabile: allenamenti diversi da quelli cui ero abituata", racconta, "Ho imparato a rispettare che ci sono più modi di allenarsi, di allenare e di giocare.  Sono cresciuta come giocatrice, quell’anno è stato importante. Gente come la Morace mi ha insegnato che come attaccante non c’è bisogno di lavorare così duro tutto il tempo, ma c’è bisogno di essere più brillante dell’avversaria. La Morace lo era sempre".

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